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Terapia delle metastasi epatiche

Il fegato è la sede più frequente di metastasi. Ciò coincide con una prognosi sfavorevole, soprattutto per i tumori ad alto grado di malignità.

Allo scopo di curare il fegato sono state impiegate diverse metodiche:

  • legatura dell'arteria epatica
  • chemioterapia sistemica
  • legatura dell'arteria epatica + chemioterapia sistemica
  • chemioterapia loco-regionale intrarteriosa
  • embolizzazione arteriosa
  • chemioembolizzazione

La radioterapia delle metastasi epatiche non ha invece prodotto risultati convincenti.

La legatura dell'arteria epatica è il primo fra i trattamenti impiegati ed ha mostrato una quota significativa di risposte anche se la loro durata media è generalmente inferiore ai 6 mesi. Oggi la legatura arteriosa è stata abbandonata per l'alta morbilità peri-operatoria e sostituita dall'embolizzazione arteriosa. Questa tecnica, che utilizza particolari gelatine introdotte in arteria con metodica invasiva, trova indicazione nei pazienti sintomatici che non abbiano risposto alla terapia medica il cui rischio operatorio sia molto alto.

La legatura dell'arteria epatica è stata frequentemente associata alla chemioterapia sistemica. In uno studio, adriamicina, dacarbazina e streptozotocina sono state somministrate sequenzialmente per 5 settimane dopo legatura arteriosa. Il 19% dei pazienti affetti da carcinoide metastatico ha mostrato una risposta biochimica completa e nel 57% dei casi si è ottenuta la remissione parziale della malattia. Nei tumori insulari metastatici, si è avuta risposta biochimica completa nel 64% dei casi e remissione parziale nel 18% dei casi. La durata media della risposta biochimica è complessivamente di 24 mesi, superiore sia a quella per la sola chemioterapia sistemica (7 mesi), sia per la sola legatura arteriosa (4 mesi).

La chemioterapia loco-regionale per via arteriosa ha utilizzato diversi farmaci in numerosi protocolli. Da sola, non si è mai mostrata efficace sulle metastasi: il 5-FU ha dato risposte nel 16.6% dei casi, la streptozotocina nessuna risposta.

La chemioembolizzazione delle metastasi epatiche (prevalentemente con doxorubicina) è in grado di ridurre di almeno il 50% i marcatori ormonali e/o le dimensioni tumorali nel 79% dei pazienti. La sopravvivenza media è di 24 mesi dopo chemioembolizzazione e di 53 mesi dopo la diagnosi.

La chemioembolizzazione epatica associata alla chemioterapia intrarteriosa (prevalentemente con 5-FU) prolunga in modo sensibile la durata della risposta; in uno studio sul carcinoide metastatico il controllo dei sintomi è stato osservato per una durata media di 24 mesi nel 100% dei casi e in 4 pazienti si è anche assistito ad una riduzione superiore al 50% dei diametri metastatici.

La somministrazione di analoghi della somatostatina si è mostrata efficace nel ridurre i rischi legati alla crisi da carcinoide. Tali molecole, riducendo il flusso portale, potrebbero però ridurre l'efficacia della chemioembolizzazione, ma i vantaggi acquisiti con l'uso di queste molecole sono di gran lunga superiori agli svantaggi.